Come si applica il D.lgs. 626/94 ai collaboratori familiari di cui all’articolo 230-bis del Codice civile?
Il campo di applicazione relativo ai soggetti beneficiari della tutela antinfortunistica e di igiene, viene individuato direttamente dall’articolo 1 e dall’articolo 2, lettera a), i quali indicano espressamente:
1) la tipologia generale dei lavoratori a cui si devono applicare le misure di tutela («i lavoratori con rapporto di lavoro subordinato anche speciale» – articolo 2, lettera a), primo periodo);
2) i soggetti da equiparare a questi ultimi anche se privi di un rapporto subordinato («soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società e degli enti stessi, e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì equiparati gli allievi degli istituti di istruzione e universitari e i partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi e attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici» – articolo 2, lettera a) secondo periodo);
3) i lavoratori subordinati che devono essere esclusi (gli addetti ai servizi domestici e familiari – articolo 2, lettera a), primo periodo);
4) i lavoratori subordinati per i quali le disposizioni si applicano parzialmente («i lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877; nonché i lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato»).
Come si vede, il descritto campo di applicazione non ricomprende i collaboratori familiari di cui alla disciplina dell’articolo 230-bis del Codice civile, poiché questi ultimi non vi sono richiamati espressamente neanche tra gli equiparati, né sono inquadrabili nella categoria dei lavoratori con rapporto di lavoro subordinato.
Infatti, i collaboratori familiari (il coniuge, i parenti entro il 3° grado, gli affini entro il 2° grado), sono rilevanti come tali per il nostro ordinamento giuridico proprio quando non sia configurabile un rapporto di lavoro subordinato o, comunque, un rapporto diverso da quello basato sull’interesse familiare.
Né, d’altra parte, l’inclusione dei collaboratori familiari tra i soggetti beneficiari della tutela può essere desunta in via interpretativa dall’inclusione dei datori di lavoro delle aziende familiari tra i soggetti destinatari di alcuni obblighi, poiché il datore di lavoro delle aziende familiari si caratterizza per la possibilità di organizzare nella sua impresa sia il lavoro dei collaboratori familiari sia il lavoro di terzi salariati, essendo ininfluente la dimensione dell’impresa stessa.
Quindi, gli obblighi a carico degli imprenditori familiari sorgono soltanto in presenza e nei riguardi dei suoi eventuali lavoratori o subordinati, o dei soggetti equiparati rientranti nelle definizioni di cui agli articoli 1 e 2, comma 1.
Del resto, già la Corte costituzionale, con sentenza n. 212 del 3 maggio 1993 ha confermato il principio che la normativa antinfortunistica e di igiene non può trovare applicazione all’impresa familiare poiché questa è permeata di legami affettivi, onde sarebbe «problematico l’incastro di obblighi e doveri sanzionati attraverso ipotesi di reato procedibili d’ufficio».
Concludendo, le argomentazioni suesposte conducono a una risposta negativa al quesito posto, nel senso che le disposizioni di cui ai decreti legislativi n. 626/94 e n. 242/96 non trovano applicazione nei confronti del collaboratori familiari di cui all’articolo 230-bis del Codice civile.
Coerentemente, i collaboratori familiari non devono essere computati ai fini dell’applicazione dei diversi istituti normativi condizionati da una determinata consistenza numerica.
(Circolare n° 154 del 19/11/1996 -Ulteriori indicazioni in ordine all’applicazione del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come modificato dal decreto legislativo 10 marzo 1996, n. 242).