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Tempi Conservazione Video Videosorveglianza privata

Nel contesto della videosorveglianza privata, è il titolare del trattamento a decidere sui tempi di conservazione delle immagini registrate. Questa scelta deve essere effettuata nel rispetto delle normative vigenti sulla privacy e in linea con le linee guida stabilite dal Garante per la protezione dei dati personali. È fondamentale che i tempi di conservazione siano proporzionati e giustificati, evitando di mantenere le registrazioni per periodi superiori a quelli necessari per le finalità specifiche del trattamento.

La videosorveglianza è un tipo di trattamento di dati personali. Le informazioni, pertanto, possono essere visionate solo dal titolare e dai suoi incaricati, come il tecnico adibito alla gestione e alla manutenzione dell’impianto, o da soggetti autorizzati per legge, come la magistratura e la polizia giudiziaria per l’accertamento di reati. Per questi motivi la normativa sulla privacy, ed in particolare il provvedimento generale sulla videosorveglianza dell’8 aprile 2010, consente la conservazione delle immagini per un tempo estremamente limitato, di 24 ore o, al più, al ricorrere di determinate condizioni, di pochissimi giorni, al termine del quale esse devono essere distrutte (la maggior parte dei sistemi di videosorveglianza prevede la cancellazione automatica dopo il periodo prestabilito dall’utente).

Tuttavia, proprio con riferimento alla determinazione dei tempi di conservazione, la Corte di Cassazione, sez. II, con l’ordinanza n. 19950 del 16 luglio 2024, ha stabilito che il predetto provvedimento generale sulla videosorveglianza dell’8 aprile 2010 non può più essere utilizzato direttamente per fissare i tempi di conservazione dei filmati. Oltre al principio dell’accountability introdotto con il GDPR, infatti, c’è anche un errore nel corpo del provvedimento che ne limita l’applicazione generalizzata. 

Dal 25 maggio 2018 i tempi di conservazione dei filmati di videosorveglianza devono essere decisi dal titolare del trattamento, eventualmente anche con l’aiuto di linee guida europee e nazionali. In Italia è ancora vigente ed in parte molto utile fare riferimento al vecchio provvedimento generale del 2010 ma con questa ordinanza gli Ermellini limitano ulteriormente l’attualità di questo documento.

L’ordinanza specifica, infatti, che l’entrata in vigore del provvedimento poggia sull’errato richiamo all’art. 154 del codice della privacy che di fatto, però, presuppone una istruttoria ad hoc e non l’adozione di provvedimenti generali nella complessa materia. Pertanto, a parere della Cassazione, il vecchio provvedimento sulla videosorveglianza non poteva, nel caso di specie, essere utilizzato per applicare sanzioni.

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