Sanzioni privacy da record: stangata a Facebook
Nei giorni scorsi si è stabilito un vero e proprio record in tema di regime sanzionatorio per la violazione di dati personali. A detenere questo primato è l’azienda americana Facebook, da anni colosso mondiale nel settore Hi-Tech, in seguito alla maxi-multa comminata dalla Federal Trade Commission, pari a un valore di 5 miliardi di dollari. Superato di gran lunga l’ultimo precedente inflitto a Google, la cui sanzione si fermava a “soli” 22,5 milioni di dollari nel 2012.
Il provvedimento in realtà ha origini più lontane, da quando nel 2011 l’Autorità statunitense aveva avviato un’indagine volta a stabilire se il gigante di Zuckerberg rispettasse i principi in tema di protezione dei dati personali dei propri utenti. L’iter ha poi visto l’azienda americana protagonista di alcune vicende da prima pagina, in primis lo scandalo Cambridge Analytica: a marzo dello scorso anno, infatti, un dipendente della società di consulenza politica inglese rivelò gravi violazioni a danno di circa 87 milioni di utenti, ignari che i loro dati e informazioni (e quelli dei loro amici sul social network), contenuti all’interno di un’applicazione, fossero raccolti esclusivamente per essere analizzati e commercializzati. Vicenda che fece scalpore perché gettava ombre sulla campagna elettorale dell’attuale Presidente Trump.
La sanzione è stata irrogata dalla Federal Trade Commission, una Authority indipendente del governo USA la cui missione principale è la protezione dei consumatori e la prevenzione di pratiche commerciali anticoncorrenziali. Si attende ora che il dossier sia esaminato dal Dipartimento di Giustizia americano, ma difficilmente verrà modificato, lasciando così intatta la cifra record pattuita.
Se da una parte ci troviamo davanti a una somma di denaro da capogiro, dall’altra occorre considerare che si tratta “solamente” di un decimo del fatturato globale incassato da Facebook lo scorso anno. Inoltre, la società con sede a Menlo Park aveva già preventivato una cospicua quantità di dollari da destinare alle sanzioni. Oltre al fatto che la decisione dell’Autorità statunitense non sembra aver influito sull’andamento dei mercati: Facebook infatti continua a registrare incrementi di fatturato. Appare quindi superflua la considerazione per cui, anche dinanzi a tali sanzioni multimiliardarie, il danno economico reale sia esiguo per la compagnia americana.
Occorre però precisare che l’ammenda riguarda i soli confini statunitensi, essendo la società di Zuckerberg già stata sotto la lente d’ingrandimento dei giudici europei, specie dopo l’entrata in vigore del Regolamento 2016/679, c.d. “GDPR”. La Germania ha multato Facebook per 2 milioni di euro, l’Italia si è fermata a uno (probabilmente perché ha utilizzato il precedente regime sanzionatorio, nettamente più soft rispetto a quello attuale). Possiamo quindi affermare, con assoluta certezza, che dovremo fare l’abitudine a questo genere di cifre.
La vicenda, tuttavia, non si limita alla sanzione ai danni di Facebook, ma include una sorta di accordo al quale il colosso americano dovrà sottostare d’ora in avanti. Un sistema di regole più severe e stringenti a tutela della protezione dei dati personali degli utenti. Un piano che l’azienda californiana dovrà attuare per evitare di incorrere in altre numerose e cospicue sanzioni.