La comunicazione ambientale e sociale di impresa: stato dell’arte e nuovi orientamenti
Le motivazioni per cui un’azienda decide di comunicare informazioni riguardanti il proprio comportamento ambientale ed etico sono connesse all’esigenza di migliorare la propria immagine verso specifiche categorie, pertanto l’informazione deve essere mirata e calibrata ai portatori effettivi di interesse.
In Italia i primi documenti di comunicazione d’impresa si sono diffusi a partire dagli anni ’90 (il primo rapporto ambientale è del Gruppo Ferruzzi) ma il numero dei Rapporti e Bilanci Aziendali oggi si è diffuso fino ad arrivare ai 200 documenti (dati Osservatorio FEEM).
L’importanza della comunicazione ambientale delle imprese, come strumento di sviluppo sostenibile è anche uno degli obiettivi fondamentali scaturiti dal 6° programma di azione per l’ambiente della Comunità Europea.
Tra gli strumenti di comunicazione ambientale ed etica d’impresa i più tradizionali sono: Bilanci Ambientali e Rapporti Ambientali. I primi sono definiti come strumento di gestione, e non di comunicazione, in cui si inseriscono i dati fisici e monetari che rappresentano la relazione impresa/ambiente. I Rapporti Ambientali sono, invece, veri e propri documenti di carattere divulgativo nel quale vengono comunicate al pubblico le principali informazioni sulla relazione tra attività produttiva e/o prodotto e l’ambiente. E inoltre vengono utilizzati come strumento per migliorare e rafforzare il dialogo e la collaborazione con tutti i portatori di interesse, migliorare l’immagine dell’azienda, avere ritorni commerciali, dimostrare interesse per le tematiche ambientali.
In Italia, la Fondazione ENI Enrico Mattei (FEEM) ha pubblicato le linee guida per la redazione del Rapporto Ambientale (1996) in cui si suggerisce di dividere il documento in due parti: una di carattere descrittivo e l’altra tecnico-quantitativa. La parte iniziale è incentrata sulla descrizione dell’azienda, delle attività e sulla presenza di un sistema di Gestione Ambientale (che può essere sia ISO che EMAS) e relativa documentazione. La struttura della seconda parte dovrebbe contenere informazioni quantitative derivanti dall’impegno economico per la gestione degli aspetti ambientali. La difficoltà risiede, tuttavia nel riuscire a contabilizzare questi importi definiti come tutte le spese sostenute per la realizzazione di attività il cui fine principale è la gestione e la protezione dell’ambiente. Lo strumento per fornire tale informazione è rappresentato dalla famiglia degli indicatori di performance ambientali.
La Dichiarazione Ambientale EMAS (Regolamento CE n. 761/01) è un altro strumento di comunicazione ambientale ed etica d’impresa e promuove la comunicazione esterna dell’organizzazione e la corretta informazione al pubblico. Poichè il regolamento n. 761/01 non prevede una struttura specifica con cui redigere la Dichiarazione Ambientale alcuni orientamenti sono stati dati dal Comitato Ecolabel Ecoaudit. Quest’ultimo suggerisce di stilare una relazione chiara e concisa divisa in sei punti fondamentali, aiutandosi con rappresentazioni grafiche o matrici di sintesi. Negli ultimi anni l’adesione al regolamento EMAS ha registrato un trend positivo (+30% nel 2004), anche se in Italia rimane sempre più alta l’adesione alla UNI EN ISO 14001, avvertita come meno impegnativa da parte delle imprese.
Uno strumento ulteriore che aiuta a migliorare le prestazioni ambientali delle attività e dei servizi è rappresentato dalla norma UNI EN ISO 14031. Quest’ultima utilizza la famiglia degli EPE (Environmental Perfomance Evaluation) distinti in: Eci (Environmental Condition Indicators) che rappresentano indicatori della condizione ambientale, legati allo stato di salute dell’ecosistema e le EPI (Environmental Performance Indicators) che forniscono informazioni sulle prestazioni svolte dall’organizzazione. Questi ultimi si dividono a loro volta in: MPI (Management Performance Indicators) indicatori di prestazione della direzione e OPI (Operator Performance Indicator) indicatori di prestazione operativa. La FEEM rileva che gli indicatori più usati sono quelli che collegano dati fisici sulle emissioni a grandezze come la quantità prodotta, il fatturato, il valore aggiunto.
Un altro processo gestionale innovativo che può essere utilizzato per migliorare la comunicazione ambientale è il benchmarking che significa “misurare rispetto ad un punto” e che consente di indagare le performance dell’organizzazione da più punti di vista: interno, settoriale, competitivo, best in class. Con questo metodo è importante andare oltre i risultati della performance ambientale e interrogarsi su come quel risultato sia stato ottenuto.
Per quanto riguarda invece la comunicazione etica delle imprese (Corporate Social Responsability), anche questa si è andata affermando negli ultimi anni sulla scia della comunicazione ambientale. La spinta verso la comunicazione sociale è connessa all’esigenza, da parte dell’impresa di coniugare i comportamenti volti al perseguimento del profitto con l’interesse della collettività ad una più alta qualità della vita ed al rispetto dei principali valori umani. Lo strumento utilizzato è il Bilancio Sociale o Bilancio Sostenibile e consiste in una relazione volontaria che pone in risalto la missione dell’impresa, il criterio di gestione, l’impegno nei confronti della comunità allargata, l’impegno nei confronti dell’ambiente, della sicurezza e dell’innovazione. Numerosi sono i riferimenti utilizzati per stilare un Bilancio Sociale. Il Global Reporting Iniziative è nato nel 1997 ed è il riferimento internazionale al quale si ispirano la maggior parte dei bilanci sociali. Il GBS (Gruppo di studio per la definizione dei principi di redazione del bilancio sociale) è invece il principale riferimento a livello nazionale. Infine il Modello IBS (Istituto europeo per il bilancio sociale) riguarda sia il modello di rendicontazione, sia il processo di miglioramento della cultura di impresa per tutto il percorso di gestione sociale e introduce uno schema ed una procedura tra i più avanzati a livello internazionale. Questo consta di cinque parti fondamentali, precedute da una premessa metodologica e seguite da un’attestazione di conformità procedurale.
L’ISEA (Institute of Social and Ethical Accountability) ha sviluppato l’Accountability 1000 che è uno standard di processo per la rendicontazione sociale che rivolge particolare attenzione con gli stakeholders. È uno strumento non certificabile nato per migliorare le performance complessive delle organizzazioni mediante un incremento di qualità nell’accounting, nell’auditing e nel reporting sociale ed etico. Si tratta di un modello dinamico per il miglioramento continuo.
Lo standard etico SA 8000 (Social Accountabilyity 8000), emesso nel 1997 su direttiva del Council on Economic Priorities Accreditation Agency (CEPAA), è uno standard internazionale in tema di diritti dei lavoratori (capitale umano) che attesta l’operato delle imprese e permette di migliorare le condizioni e l’ambiente di lavoro, di ridurre il rischio degli incidenti e di migliorare la reputazione dell’impresa sul mercato.
In Italia, che nell’Ottobre 2004 risultava al primo posto nel mondo con 136 imprese certificate, è nato il progetto del Ministero del Lavoro CSR-SC (Corporate Social Responsibility- Social Commitment) con l’obiettivo di promuovere la responsabilità sociale presso le imprese italiane. La ricerca condotta si è conclusa con una proposta per l’implementazione di un sistema di gestione strutturato con la logica delle ISO 14001.
Un ultimo strumento di comunicazione ambientale ed etica è la Dichiarazione Ambientale di Prodotto, EPD (Envorinmental Product Declaration) che tiene conto della valutazione di tutto il ciclo di vita del prodotto (LCA). L’EPD in particolare è un strumento comunicativo relativamente nuovo che evidenzia le performance ambientali di un prodotto, aumentandone la visibilità e l’accettabilità sociale. È un documento che permette di comunicare informazioni oggettive e confrontabili relative alla prestazione ambientale di prodotti e servizi. L’EPD deve essere sviluppata utilizzando la Valutazione del Ciclo di Vita per identificare e quantificare gli impatti ambientali, viene verificata e convalidata da un organismo accreditato indipendente e dal punto di vista normativo è definita come una “etichettatura ecologica di tipo III”. Per ottenere tale etichetta è necessario definire per il prodotto le relative PCR (Product Category Rules) che stabiliscono le caratteristiche tecniche e funzionali di una stessa categoria di prodotti e servizi, definiscono regole comuni per la studio LCA e forniscono i riferimenti per la redazione dell’EPD stessa. Questo rende possibile il confronto di EPD diverse, comparando le prestazioni ambientali di prodotti/servizi appartenenti allo stesso gruppo.
La diffusione di questi strumenti di comunicazione ambientale di prodotto è legata alla politica del Green Procurement. Questa pratica consiste nella presa in considerazione dei requisiti ambientali nell’acquisto di materiali e beni da parte delle pubbliche Amministrazioni o dei soggetti privati. Tale strumento si sta diffondendo rapidamente in molti paesi.
In Italia gli strumenti di comunicazione ambientale ed etica riscuotono un buon successo anche se la percentuale delle imprese che si avvale di questi strumenti è ancora bassa. Una maggiore diffusione potrà avvenire anche grazie all’aiuto che le amministrazioni pubbliche daranno alle imprese con azioni di supporto finanziario, con facilitazioni sul piano delle autorizzazioni e con la promozione della diffusione di pratiche come il Green Public Procurement.