Gli amministratori delegati sono responsabili in caso di mancata adozione dei modelli organizzativi ex D. Lgs. 231/2001
a cura di Tonsi Tommaso Lorenzo
Ha suscitato molto clamore la sentenza del Tribunale di Milano, sez. VIII, del 13 febbraio 2008, n. 1774, con la quale è stata accolta l’azione di responsabilità avanzata, nel rispetto del rito societario (D. Lgs. 5/2003), da parte di una Società nei confronti del proprio amministratore delegato.
Il fatto contestato dalla società, in sede di responsabilità civile, concerneva la mancata adozione, da parte dell’amministratore dei modelli organizzativi, da cui era scaturita l’applicazione, nei confronti della medesima società, di una sanzione di euro 64.000, derivante da comportamenti rilevanti penalmente che erano stati contestati all’amministratore, quali la corruzione, la turbativa d’asta e la truffa, commessi nel periodo in cui il convenuto aveva rivestito la carica, per i quali era intervenuto il patteggiamento.
Nello specifico l’azione civile di responsabilità attivata nei confronti dell’amministratore concerneva l’inadeguatezza dell’esercizio dei poteri dell’amministratore nonché la richiesta generica di risarcimento dei danni.
Appare interessante osservare come il Tribunale meneghino, in sede di accertamento dei fatti, abbia riscontrato un concorso di colpa della società con l’amministratore ai fini della causazione del danno posto che la società:
– aveva, anche mediante il supporto degli altri organi di controllo, costituito dei “fondi neri” impiegati per attività illecite
– e si era avvalsa dei benefici derivanti dalle attività illecite, senza aver attivato alcuna azione di responsabilità nei confronti degli altri soggetti collusi nella vicenda penalmente rilevante.
Il tribunale ha ritenuto che i danni siano stati causati per il 50% dall’amministratore e per il rimanente 50 % dalla società attrice.
Conseguentemente il Tribunale meneghino aveva considerata fondata l’azione risarcitoria per mancata adozione del modello organizzativo condannando l’amministratore esattamente alla metà del danno subito dalla società per l’omessa adozione dei modelli organizzativi e per i prelievi indebiti alla cassa sociale.
Come noto la responsabilità amministrativa conseguente da reato delle persone giuridiche, di cui al D. Lgs. 231/2001, è stata introdotta nel caso in cui determinati soggetti che si trovano in posizione apicale (meglio indicati all’art. 5 del citato decreto) commettano uno o più dei reati indicati dal D. Lgs. 231 (conosciuti come reati presupposti), la cui lista è in continua espansione.
La società può evitare di incorrere nelle sanzioni previste dal D. lgs. 231/2001 – che sono costituite non solo da sanzioni di carattere pecuniario ma anche interdittive e che, nei casi più gravi, arrivano al commissariamento oppure al divieto di contrarre con la pubblica amministrazione – nel caso in cui dimostri di aver adottato un adeguato modello organizzativo, previa valutazione dei rischi di commissione dei reati individuati dalla legge.
Al fine di meglio comprendere la portata della sentenza meneghina che ha certamente costituito un preoccupante precedente giurisprudenziale, destinato a non rimanere isolato, si ritiene opportuno, da ultimo, fare due precisazioni:
1) il regime di responsabilità degli amministratori, a seguito della riforma del diritto societario, va differenziato a seconda che si tratti di amministratori con o senza delega. Gli amministratori senza delega, infatti, hanno una responsabilità più lieve poiché rispondono unicamente per i danni derivati in capo alla società per fatti di cui erano stati messi a conoscenza (ad esempio nella relazione agli amministratori) mentre gli amministratori con delega, limitatamente ai compiti loro delegati, in quanto soggetti in grado di conoscere tutti i fatti della società e di attivare le azioni necessarie per la corretta gestione dei compiti loro delegati, sono tenuti, ai sensi dell’art. 2932 c.c., “ad adempiere i doveri loro imposti dalla legge o dallo statuto, con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze”.
2) nel caso concreto i giudici di merito hanno considerato l’intervenuto patteggiamento come indice di mala gestio di per sé bastevole per ravvisare la responsabilità dell’amministratore; va, invece, osservato che la sentenza di patteggiamento non incide automaticamente sul correlato giudizio civile di responsabilità posto che i giudici di legittimità (Cfr. Cass. civ. 13.3.2009, nr. 6163) hanno evidenziato come i giudici di merito possano, o meno, fondare il proprio convincimento anche sulla sentenza di patteggiamento. Ciò premesso appare davvero inverosimile la mancata “incidenza”, in sede civilistica, di un eventuale patteggiamento, inerente fatti connessi alla pretesa risarcitoria, come nel caso di specie.