Gi obblighi per le aziende con presenza di manufatti contenenti amianto
Il 26 Settembre 2006 è entrato in vigore il D.Lgs. 25 Luglio 2006 n.257 riguardante la “Protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro”.
La novità riguardante tale decreto è l’assimilazione dello stesso nel testo del D.Lgs. 19 Settembre 1994, n.626, mediante l’introduzione del titolo VI-bis “ Protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all’esposizione ad amianto”.
E’ proprio sul campo d’applicazione che si intendono fare delle riflessioni sulle modalità applicative che i datori di lavoro di aziende, nelle quali siano presenti manufatti contenenti amianto, dovranno seguire per attenersi alla norma.
CAMPO D’APPLICAZIONE
L’art. 59-bis D.Lgs. n. 626/1994 definisce gli ambiti nei quali è prevista l’applicazione del nuovo Titolo VI-bis “Le norme del presente titolo si applicano alle rimanenti attività lavorative che possono comportare , per i lavoratori, il rischio di esposizione all’amianto”.
Purtroppo, altrettanta comprensibilità non è evidente sul campo di applicazione nel testo del D.Lgs. n. 257/2006, in cui non si afferma in modo esplicito se esso riguardi i lavoratori addetti alla manutenzione, bonifica e smaltimento di manufatti contenenti amianto o se debba astenersi ai lavoratori di quelle aziende contenenti manufatti in amianto che, a causa del loro deterioramento, possono essere esposti alle fibre di asbesto.
ATTIVITA’ A RISCHIO DI ESPOSIZIONE
Per dare una buona interpretazione è necessario fare alcune riflessioni, partendo dalla norma europea. E’ possibile partire dal testo generale, direttiva 83/477/CEE, modificata dalla direttiva 2003/18/CE, la quale prevede “Per qualsiasi attività che possa presentare un rischio di esposizione alla polvere o dai materiali contenenti amianto, è necessario valutare tale rischio in modo da stabilire la natura e il grado dell’esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto.” Sembra evidente che il campo di applicazione della direttiva non debba riguardare esclusivamente i lavoratori addetti ad attività che comportino la manipolazione dell’amianto, ma si intenda a qualunque lavoratore che nello svolgimento dell’attività possa essere esposto alle fibre di amianto.
Del resto, ipotizzare che il campo di applicazione del Titolo VI-bis debba essere limitato alle sole attività comportanti la diretta manipolazione di amianto stride con il carattere generale che riveste il D.Lgs. n. 626/1994, il quale prevede che il datore di lavoro valuti tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori nel luogo di lavorazione.
QUANDO VA FATTA LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO?
Il datore di lavoro di un’azienda, qualora nel proprio luogo di lavoro siano presenti manufatti contenenti amianto e vi sia un rischio di esposizione ai lavoratori, deve procedere alla valutazione specifica di tale rischio a tutela dei propri lavoratori da tale agente e attuare un programma di controllo e manutenzione al fine di ridurre al minimo l’esposizione. L’art. 59-quinquies del D.Lgs. n. 626/1994 prevede “ Nella valutazione il datore di lavoro valuta i rischi dovuti dalla polvere e dai materiali contenenti amianto, al fine di stabilire la natura e il grado di esposizione.”
Non sempre il datore di lavoro è a conoscenza dell’eventuale presenza di amianto nell’ambiente di lavoro. Per tale motivo la norma ha previsto che il datore, prima di intraprendere qualunque lavoro, abbia l’obbligo di adottare ogni misura volta ad individuare la presenza dei materiali contenenti amianto.
Il proprietario dell’immobile e/o il responsabile dell’attività, che è a conoscenza della presenza di un manufatto di amianto nell’ambiente di lavoro, deve:
designare una figura responsabile;
tenere un’idonea documentazione da cui risulti l’ubicazione dei materiali contenenti amianto;
garantire efficaci misure di sicurezza durante l’attività di pulizia e manutenzione;
informare gli occupanti dell’edificio della presenza di amianto, e dei comportamenti da adottare;
provvedere a far ispezionare l’edificio, nel caso siano in opera materiali friabili, da personale in grado di valutarne le condizioni; trasmettendo il rapporto all’ASL competente.
Poiché il D.Lgs. n. 257/2006 ha definito la presenza di un valore limite pari a 0,1 fibre per centimetro cubo di aria, è necessario procedere ad un’indagine strumentale al fine di verificare che tale concentrazione non sia superata. La misura, a prescindere dal superamento del valore limite, determina non solo la natura, ma anche il grado di esposizione richiesti dall’art. 59-quinquies, comma 1. La valutazione deve essere ripetuta ogni qual volta si verifichino modifiche che possono comportare un alterazione dell’esposizione dei lavoratori alla polvere e dai materiali contenenti amianto.Agli esiti della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve mettere in atto le necessarie misure preventive e protettive rivolte a ridurre al minimo l’esposizione all’amianto per i propri lavoratori.