Certificazione ambientale: la situazione italiana
L’Italia conquista il sesto posto in Europa per la certificazione ambientale e figura ai vertici per “l’etichetta ecologica”, anche se le imprese certificate rappresentano ancora una quota esigua sul totale. Le aziende certificate secondo lo standard Iso 14001 sono, infatti, arrivate a quota 724, il doppio rispetto all’anno precedente, ma rappresentano solo il 7% del totale UE. Nonostante il recupero, l’industria italiana resta così lontana da paesi come la Germania che vanta 2.400 certificazioni, la Gran Bretagna, 1.400, la Svezia, 1.370, la Francia, 802 e Olanda, 800.
Stando sempre ai dati, nel 2000 sono anche raddoppiate le aziende che hanno ottenuto la convalida della registrazione Emas raggiungendo a fine marzo le 51 imprese.
Secondo il presidente dell’Issi, Edo Ronchi, i maggiori passi in avanti nel campo della certificazione ambientale sono stati fatti sul terreno dell’Ecolabel l’etichetta ecologica. Se a fine ’99 infatti esisteva una sola azienda che aveva ottenuto il marchio per un prodotto a basso impatto ambientale, oggi invece sono 9 le imprese che hanno ottenuto l’etichetta ecologica europea relativamente a 6 gruppi di prodotti per un totale di 95 sotto-prodotti.
Per far decollare la certificazione ambientale l’Issi – ha detto Ronchi – promuoverà iniziative per il coinvolgimento in modo più esteso delle aziende, in particolare delle PMI dei distretti, oltre che sviluppare attività per la certificazione dei servizi turistici dei parchi e corsi di formazione per le aziende e per gli enti pubblici”.
Le imprese italiane sono sempre più “verdi” e cominciano a recuperare terreno avvicinandosi ai livelli europei. In poco più di dieci mesi le aziende che hanno ottenuto la registrazione Emas sono passate dalle 21 del dicembre 1999 alle 35 dell’ottobre scorso. Un boom piccolo nei numeri, ma inedito e significativo, che pare aprire una fase di ulteriore sviluppo: “Il numero sale a 41 se alle 35 aggiungiamo le sei prossime alla registrazione. Il boom esploso nell’ultimo periodo è l’esito di un trend cominciato circa un anno fa. Tra le adesioni più numerose riscontriamo quelle del settore chimico”, spiega Giuseppe Bianchi, presidente del Comitato italiano Ecolabel-Ecoaudit e della sezione Emas del Comitato stesso.
Secondo il presidente di Ecolabel, gran peso hanno avuto “le misure agevolative messe in campo da parte degli organi di controllo locali come le Agenzie regionali per l’ambiente (Arpa) e le Province. Così, per esempio, l’Arpa della Lombardia ha deciso di non operare controlli, per ora, in quelle aziende certificate Emas”. E, infine, Bianchi cita leggi regionali, come nel caso della Liguria, dove non viene richiesta la Valutazione di impatto ambientale (Via) regionale per quei soggetti già certificati Emas.
Ma giocano a favore dell’Emas anche una serie di fattori di lungo periodo: “Col tempo è indubbiamente aumentato l’interesse da parte delle imprese – sottolinea Bianchi -. E si percepisce un cambiamento generale di atteggiamento verso l’ambiente e verso l’Emas, un tempo vista con sospetto perché appariva eccessivamente complessa”.
Il boom, secondo Lorenzo Thione, presidente del Sincert (il Sistema nazionale per l’accreditamento degli organismi di certificazione), si spiega perlopiù con fattori culturali: “Questa tendenza all’incremento, non va dimenticato infatti che si tratta di cifre ridotte, è determinata da una crescita di sensibilità verso i problemi ambientali. In secondo luogo, mentre l’Iso 14000 rientra nell’ambito dei rapporti business to business, l’Emas è ora riconosciuta come dichiarazione di impegno verso la collettività presente e futura”. Certo, sono importanti le misure di incentivo e, secondo il presidente del Sincert, è bene che continuino a essere introdotte. “Ma il fattore determinante – evidenzia Thione – è quello culturale. Una spinta al l’Emas può giungere ora dall’introduzione della certificazione di qualità ambientale di prodotto che a sua volta, in maniera sinergica, può trarre forza dalla dichiarazione ambientale del sistema”.
Con questo ultimo andamento l’Italia si avvicina leggermente agli altri Paesi europei. Secondo una classifica ufficializzata dalla Commissione europea nel Maggio el 2000 in cima alla graduatoria del numero di siti industriali certificati Emas si piazzava la Germania (2.087 stabilimenti), seguita da Austria (228) e Svezia (162). L’Italia era decima con 29 accreditamenti. Ma il nostro Paese vanta però un primato europeo: “Siamo i primi – conclude Bianchi – ad avviare la registrazione di aree e poli industriali: i due casi d’avanguardia sono un gruppo di 300 imprese nel distretto tessile di Prato e il polo turistico di Bibione che conta un centinaio di alberghi, quattro campeggi, mille servizi commerciali e le terme”.