Bilanciamento tra vaccinazione anti-covid e tutela dei dati personali nel contesto lavorativo
L’avanzamento della campagna vaccinale sta dando adito ad ulteriori questioni inerenti il bilanciamento tra la tutela della salute, nell’ambito delle misure di contrasto e contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2, e la protezione dei dati personali.
L’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, che è più volte intervenuta in tutto il periodo pandemico, aveva già fornito una serie di chiarimenti, attraverso apposite FAQ, sul trattamento dei dati relativi alla vaccinazione anti Covid-19 nel contesto lavorativo.
Tali linee guida sono poi state ribadite, ed approfondite in alcuni loro aspetti, in successive pubblicazioni dell’Autorità Garante, non ultimi i documenti di indirizzo contestuali al Provvedimento del 13 maggio 2021:
- Vaccinazione nei luoghi di lavoro: indicazioni generali per il trattamento dei dati personali,
- Il ruolo del “medico competente” in materia di sicurezza sul luogo di lavoro, anche con riferimento al contesto emergenziale.
Come sancito anche dal Protocollo e dalle Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID 19 nei luoghi di lavoro, firmati dal Governo e dalle Parti Sociali, anche in questo contesto eccezionale di emergenza sanitaria è necessario operare nell’ambito e nei limiti previsti dalla disciplina in materia di protezione dei dati, al fine di evitare trattamenti illeciti di informazioni, che potrebbero determinare effetti lesivi dei diritti e delle libertà degli interessati.
- All’interno dell’azienda (datore di lavoro, colleghi) è possibile sapere se un dipendente si sia vaccinato o meno?
No, a garanzia dei dipendenti, viene riconosciuta al medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo, la titolarità del trattamento dei dati relativi alla vaccinazione, i quali rientrano all’interno delle finalità di medicina preventiva e di medicina del lavoro, gestite “sotto la responsabilità di un professionista soggetto al segreto professionale”, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, lett. h) e paragrafo 3 del GDPR.
- Il datore di lavoro può conoscere le informazioni di dettaglio sulla vaccinazione dei dipendenti?
No, nel riparto di competenze tra datore di lavoro e medico competente, viene richiesto al datore di lavoro un supporto di tipo strumentale e di sensibilizzazione alla vaccinazione, senza che ciò sfoci in un vero e proprio trattamento dei dati personali dei dipendenti, attraverso, ad esempio, la raccolta puntuale dei nominativi del personale vaccinato, delle date di vaccinazione o di richiamo, o delle copie delle certificazioni vaccinali.
- Il datore di lavoro può richiedere l’esibizione del green pass?
No, anche per l’esibizione del green pass valgono le stesse regole applicabili ai dati di dettaglio sulla vaccinazione dei dipendenti, tale informazione potrà, pertanto, essere conosciuta unicamente dal medico competente, quale legittimo titolare del trattamento.
- E se il dipendente esprime il suo consenso alla comunicazione di queste informazioni?
Neppure il consenso dei dipendenti può costituire un valido presupposto di liceità, tenuto conto, ai sensi del considerando 43 del GDPR, dello squilibrio del rapporto tra titolare del trattamento (datore di lavoro) e soggetto interessato (lavoratore dipendente) nel particolare contesto lavorativo.
- Vi possono essere conseguenze per i lavoratori non vaccinati?
Non è consentito far derivare alcuna conseguenza, né positiva né negativa, in ragione della libera scelta del lavoratore in ordine all’adesione o meno alla campagna vaccinale, fatta eccezione per la vaccinazione dal personale sanitario, prevista quale requisito essenziale per l’esercizio della professione, ai sensi dell’art. 4 del d.l. 1° aprile 2021, n. 44.
- Possono essere organizzati i turni di lavoro in base alle vaccinazioni effettuate?
L’adesione o meno alla campagna vaccinale da parte del dipendente non può essere una discriminante anche relativamente all’accesso ai luoghi di lavoro. In tale quadro di bilanciamento, il datore di lavoro può venire a conoscenza del solo giudizio di idoneità alla mansione emesso dal medico competente, al fine di attuare, come anche delineato dall’articolo 42 del d.lgs. 81/2008, le misure indicate da quest’ultimo e, eventualmente in caso di inidoneità, valutare di adibirlo ad altre mansioni, nel rispetto di quanto disposto dalla legge.