I criteri di imputazione della responsabilità per danno ambientale (Direttiva 2004/35/CE)
Nella nuova normativa in diversi punti vengono presi in considerazione i criteri di imputazione della responsabilità ambientale. Tali criteri appaiono fortemente differenziati in relazione alle diverse attività potenzialmente inquinanti che possono venir in rilievo nella causazione del danno o del pericolo di danno all’ambiente sempre tenendo presente che la prevenzione e la riparazione del danno dovrebbero essere attuate applicando il principio “chi inquina paga”.
La distinzione tra le diverse tipologie di attività alle quali il decreto in oggetto dovrebbe applicarsi è specificata in dettaglio all’articolo 3 (Ambito di applicazione) :
al danno ambientale causato da una delle attività professionali elencate nell’allegato III e alle minacce imminente in seguito a una di tali attività
al danno alle specie e agli habitat naturali protetti causato da una delle attività professionali non elencate nell’allegato III e relative minacce di danno in caso di comportamento doloso o colposo dell’operatore
Mentre per le attività elencate all’allegato III la direttiva viene in rilievo ogniqualvolta vi sia stato un danno ambientale legato da un nesso di causalità con l’operatore, per le attività non incluse nell’allegato III, limitatamente al danno alle specie e agli habitat naturali protetti, la direttiva trova applicazione soltanto quando il comportamento dell’operatore sia connotato da dolo e colpa oltre ovviamente al nesso di casualità.
Anche nei casi nei quali l’imputazione del danno non richiede espressamente una condotta dolosa o colposa ma viene affermata in base alla sola verifica del nesso causale di azione od omissione e danno ambientale la direttiva lascia spazio ad ulteriori forme di esonero da responsabilità per gli operatori.
Sono quindi previste esenzioni di responsabilità per i fatti accidentali
In particolare l’art 8, comma 3 prevede che non siano a carico dell’operatore i costi di prevenzione o riparazione se egli può provare che il danno è stato causato da un terzo e si è verificato nonostante l’esistenza di opportune misure di sicurezza oppure che il danno è conseguenza di un ordine impartito dall’autorità pubblica.
In tali casi gli Stati membri devono adottare misure appropriate per consentire all’operatore di recuperare i costi eventualmente sostenuti.
Sempre all’art 8, comma 4, la direttiva stabilisce che gli stati membri possono esonerare l’operatore dal sostenere i costi per la riparazione dei danni qualora lo stesso dimostri che non gli è attribuibile un atteggiamento doloso o colposo nei casi in cui il danno è causato da un emissione o evento che ha ricevuto espressamente un’autorizzazione concessa ai sensi delle vigenti disposizioni legislative o regolamentari nazionali (recanti attuazione delle misure legislative adottate dalla Comunità di cui all’allegato III) oppure da un emissione o un’attività o qualsiasi altro modo di utilizzazione di un prodotto che l’operatore dimostri non essere stato considerato causa di probabile danno ambientale in base alle conoscenze scientifiche e tecniche al momento del rilascio dell’emissione o dell’esecuzione dell’attività.
In queste due ultime ipotesi citate l’esenzione di responsabilità comporta altresì un’inversione dell’onere della prova circa l’assenza di una condotta dolosa o colposa; la previsione si colloca quindi al di fuori del modello di responsabilità oggettiva in quanto si richiede la presenza di una condotta colposa.
Il fatto che l’operatore debba dimostrare l’assenza di una qualsivoglia colpa anche generica (mancata prudenza, diligenza ect.) andrà a coincidere, in pratica, con la dimostrazione di avere adottato tutte le cautele necessarie per evitare il prodursi del danno conseguenza all’attività autorizzata.
Non è quindi sufficiente come prova liberatoria la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione alle norme di legge ma occorre anche una prova positiva di aver impiegato ogni cura o misura atta ad impedire l’evento dannoso.
Infine deve essere messo in evidenza che la direttiva all’art.4 precisa che la sua applicabilità non riguarda i casi di atto di conflitto armato, ostilità, guerra civile o insurrezione e anche i casi di fenomeni naturali di carattere eccezionale inevitabile e incontrollabile.