Lombardia: piccole imprese socialmente responsabili
Le piccole medie imprese (Pmi) dei distretti industriali lombardi, che rappresentano il motore dell’economia italiana, non solo continuano a proporre modelli di sviluppo competitivi in un mercato sempre più globalizzato, ma pongono sempre più attenzione anche al personale, alle comunità locali e al territorio.
A confermarlo è la ricerca “La responsabilità sociale delle imprese distrettuali lombarde”, presentata dall’Alta scuola impresa e società dell’Università Cattolica di Milano (Altis) e dalla Fondazione Operandi.
L’indagine è stata condotta su un campione di 834 imprese (l’87% di piccole dimensioni, con un massimo di 50 dipendenti) che si trovano nei 16 distretti industriali della Lombardia. L’indice della Csr (Corporate social responsibility) è stato misurato innanzitutto in riferimento ai rapporti dell’impresa con il personale: l’orario di lavoro flessibile è applicato dal 56% delle aziende, mentre il 41% permette ai dipendenti di richiedere l’aspettativa. Il 53% delle imprese, poi, utilizza lavoratori extracomunitari favorendone l’inserimento anche attraverso la ricerca di alloggio (33,9%). Sono state, poi, monitorate le attività delle Pmi a favore della comunità locale: le più diffuse sono le donazioni effettuate dal 44,5% delle aziende e le sponsorizzazioni degli eventi sportivi o culturali (37,2%). Performance positive si registrano anche in tema di responsabilità ambientale: il 72% del campione, infatti, adotta almeno un’iniziativa ecologica tra cui il riciclo degli imballi dei prodotti venduti (43,2%), il trattamento e/o smaltimento dei rifiuti (33,9%), o l’applicazione di programmi per limitare il consumo dell’acqua (24%). Carenti, invece, sono i progetti di marketing e comunicazione correlate alla Csr (come redigere il bilancio di sostenibilità o effettuare campagne pubblicitarie con messaggi di valore sociale) attuate da solo il 22,8 % delle imprese. Limitata, infine, è anche l’attenzione alla correttezza sociale o ambientale dei processi produttivi effettuati dai fornitori, di cui si occupa solo il 30, 6% degli indagati. A questo proposito risulta che il 60% delle aziende si accontenta di un’autocertificazione di qualità del prodotto mentre solo il 6,7% richiede un codice etico ai fornitori. A trarre le conclusioni del rapporto è il direttore di Altis, Mario Molteni che promuove le imprese, ma evidenzia anche aspetti critici « il dato positivo è che le Pmi distrettuali, rispetto alla media, mostrano una più spiccata attenzione ai temi della Csr, dovuta al forte legame con il territorio.
In questo caso a beneficiarne sono soprattutto gli stakeholder interni al distretto, vale a dire i dipendenti e la comunità locale».
«L’aspetto problematico» conclude Molteni «che emerge dalle imprese intervistate va, invece, individuato nella forte richiesta di aiuto per la realizzazione di pratiche sociali, perlopiù inevasa dagli enti distrettuali. Un aiuto che, in futuro, le imprese si attendono provenga più dalle associazioni di categoria e dalle camere di commercio che non dagli enti pubblici preposti al governo dei distretti».