Sentenza 17 Novembre 2009 – Applicazione dell’esimente della responsabilità amministrativa di un ente
a cura di Tonsi Tommaso Lorenzo e Cacopardo Francesca
Il 17 Novembre 2009 è stata pronunciata presso il tribunale di Milano dal GIP Dott. Manzi una sentenza innovativa nel panorama giuridico italiano: per la prima volta un modello organizzativo è stato ritenuto valido come esimente della responsabilità amministrativa di un ente.
La società in questione è una S.P.A. a cui veniva contestato il reato di Aggiotaggio (ex art. 2637 c.p., Art. 25-ter, D.Lgs. 231/01 aggiunto dal D.Lgs. 11 aprile 2002 n. 61) commesso dal Presidente del CdA e dall’amministratore delegato.
Il GIP ha ritenuto il modello organizzativo valido e quindi idoneo ad escludere la responsabilità amministrativa dell’azienda, in quanto ha reputato che i comportamenti illeciti tenuti dai vertici aziendali non fossero dovuti a carenze del modello organizzativo ma ad una cosciente violazione da parte degli stessi delle regole interne adottate.
In particolare il GIP ha valutato l’idoneità del modello basandosi sui seguenti elementi:
· – la tempestività dell’adozione: “(L’Ente) aveva fatto proprie le prescrizioni legislative e le direttive della confederazione industriale, anticipando di gran lunga tutte le maggiori imprese italiane del comparto delle costruzioni e delle commesse pubbliche”;
– la costituzione di un Organismo di Vigilanza con requisiti di professionalità ed autonomia: “(L’Ente) costituiva l’organo di vigilanza (Compliance Officer: CO), di composizione monocratica, regolato secondo le linee guida di Confindustria. Tale posizione veniva ricoperta dal Preposto al controllo interno nonché responsabile dell’internal auditing (si trattava perciò di un soggetto di provata esperienza e professionalità nello svolgimento del’incarico di vigilanza). Tale figura veniva inoltre sganciata dalla sottoposizione alla Direzione Amministrazione, Finanza e Controllo e posta alle dirette dipendenze del Presidente”;
– la previsione di obblighi di verifiche periodiche sulla validità delle procedure: “ (L’Ente) stabiliva degli obblighi di verifica annuale per i principali atti societari e per la validità delle procedure di controllo (tale attività era comunque il proseguimento di analoghe operazioni compiute negli anni precedenti dal responsabile dell’internal auditing)”;
– la predisposizione di misure specifiche atte a prevenire la commissione del reato: “(L’Ente) aveva approvato una procedura per la gestione delle informazioni riservate e per la comunicazione al mercato delle informazioni “price sensitive”;
– la rispondenza di tali misure a dei principi generali di corretto funzionamento: “ procedure interne che prevedevano la partecipazione di due o più soggetti al compimento delle attività a rischio; procedure di monitoraggio e controllo con la nomina di un responsabile dell’operazione; varie attività di formazione periodica sulla normativa; riunioni periodiche fra Collegio Sindacale e CO per la verifica dell’osservanza della normativa”.
La sentenza solleva anche alcune perplessità:
Innanzitutto il GIP non entra nel merito di valutare l’effettiva attuazione del Modello Organizzativo, nonostante il D. Lgs preveda che l’organo dirigente debba non solo adottare ma anche efficacemente attuare il modello di organizzazione e gestione. Dalla sentenza sembrerebbe emergere che l’effettiva attuazione si possa desumere dalla semplice esistenza di un modello organizzativo;
Gli stessi dubbi emergono in merito alla valutazione sull’efficace vigilanza da parte dell’OdV, il decreto prevede che non vi deve essere stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’OdV, anche in questo caso il GIP sembrerebbe correlare direttamente l’istituzione dell’OdV con l’effettiva vigilanza;
Un ultima incertezza rimane sulla valutazione delle modalità adottate dal vertice aziendale per la commissione del reati, il decreto prevede infatti che i modelli di organizzazione e di gestione possano essere ritenuti validi solo se il reato sia stato commesso eludendoli fraudolentemente. Le modalità invece utilizzate dal vertice per la commissione del reato (“il Pres. … aveva inviato un promemoria al … chiedendogli di reperire un dato migliore per l’indice di bilancio già predisposto, così inducendolo a “forzare” gli elementi di valutazione a sua disposizione per migliorare, con una operazione cosmetica, l’andamento della società. La vicenda, pur irrilevante sul piano penale, evidenzia un metodo interno di formazione delle informazioni del tutto contrario ai principi stabiliti nel modello organizzativo in quanto il dato da comunicare non era quello elaborato dagli uffici preposti, ma quello, non veritiero, “imposto” dal vertice al funzionario“) sembrano più delle semplici violazioni del modello che non delle elusioni fraudolente.
Questa sentenza è comunque da valutare in modo altamente positivo, sia perché prima del suo genere, sia perché ha riconosciuto in particolar modo:
– l’importanza di un’adozione preventiva, rispetto alla commissione dei reati, di un modello organizzativo, in quanto il giudice ha valutato con favore la tempestività con cui l’ente si è adeguato alle misure richieste dalla normativa;
– la conseguente rilevanza di tempestivi aggiornamenti del modello stesso, in termini sia di adeguamento alla normativa vigente, con particolare riguardo ai nuovi reati presupposto, sia in termini di adeguatezza con la struttura aziendale.
– La necessità di una correttezza non solo pratica del sistema di governance ma anche formale, forma che va a concretizzarsi in un sistema strutturato di regole, procedure e principi adottato ufficialmente dalla società; il GIP infatti precisa: “Nel caso in esame … il modello organizzativo era stato adottato da (A) con delibera del C.d.A. in data 29.1.2003, e quindi, anteriormente alla data di commissione dei reati”
Confermando il valore positivo della sentenza, rimaniamo in attesa di nuovi provvedimenti su cause simili, per appurare che la magistratura abbia effettivamente compiuto il passo più volte richiesto di non concentrarsi unicamente sulla correttezza “grammaticale” ed “enciclopedica” di un modello organizzativo ma sull’effettiva volontà dimostrata dall’azienda nel limitare la possibile commissione dei reati al suo interno.